Impatto ambientale dei mozziconi da sigaretta

Fonte: Wikipedia

A dispetto della loro apparenza inoffensiva, le cicche sono causa di rilevanti problemi ecologici, sia nel campo della gestione dei rifiuti sia nel campo della gestione forestale. Tali problemi sono particolarmente legati all’abitudine diffusa di disperderle nell’ambiente, sia naturale che urbanizzato, un gesto apparentemente innocuo che implica, invece, pesanti ricadute ambientali, giungendo, in alcuni casi, a integrare pesanti profili di responsabilità penale. Oltre agli aspetti ecologici, la disseminazione e l’ubiquità delle cicche negli spazi pubblici può essere anche percepita come uno dei più sgradevoli sintomi di degrado del tessuto ambientale e del decoro urbano, in misura inferiore solo all’abbandono di feci per le strade.
 
Assumono un certo rilievo, inoltre, aspetti relativi all’igiene e alla sanità, legati al rischio di intossicazione per ingestione, particolarmente in soggetti di età infantile, anche se, in questo caso, il rischio appare più intrinsecamente legato a questioni di sicurezza domestica, piuttosto che alla disseminazione di cicche negli spazi pubblici frequentati dai bambini.

La normativa che lo vieta è già in vigore dal 2016 (legge 28 dicembre 2015, n. 221, art. 40) e prevede una multa dai 60 ai 300 euro per i trasgressori

Ricadute ambientali

Acetato di cellulosa, principale costituente del filtro

 
Una cicca nel becco di un immaturo gabbiano, della specie gabbiano beccorosso
Nonostante l’aspetto insignificante, le cicche pongono seri problemi di ricadute ambientali, dal momento che il frequente abbandono nell’ambiente porta a una loro presenza quasi ubiquitaria.
 

Stime quantitative sull’abbandono

Sono disponibili diverse stime quantitative, globali e regionali, sulle dimensioni del fenomeno del rilascio nell’ambiente di tali materiali.
 
Ad esempio, è stato calcolato che, nella sola Svizzera, in un solo anno (il 1998), siano stati raccolti 954 milioni di kg di filtri di sigarette, il che rappresenta solo una frazione di quelli realmente abbandonati. Una stima valida per l’Australia, quantifica in 24-32 miliardi di cicche abbandonate annualmente nell’ambiente.
 
A livello mondiale, si stima che il numero di cicche disperse ogni anno in natura ammonti a 4 500 miliardi (4,5 × 1012 ), un’altissima percentuale (tra il 75 e il 97%) di quelle effettivamente fumate[7]. In Italia, valutazioni dell’ENEA stimano in 13.000 tonnellate il peso di mozziconi prodotti ogni anno
 
Il divieto di fumo in certi locali o in certe aree sembra esacerbare (almeno a breve termine) il problema dell’abbandono, dal momento che i fumatori sono spinti a fumare all’aperto, dove è più probabile che il mozzicone venga eliminato in maniera impropria.
 
Il tempo di latenza in natura, prima che si completi la decomposizione, varia da sei mesi a una dozzina di anni, a seconda delle condizioni ambientali e a seconda del tipo di sigaretta (senza filtro o con filtro).
 

Depurazione delle acque reflue

Riguardo alla longevità, va detto che le cicche con filtro non si disfano nemmeno immergendole nell’acqua, sulla cui superficie, anzi, galleggiano e dalla quale vengono facilmente trasportate: se gettate nello scarico dello sciacquone o nelle caditoie delle fognature, possono essere causa di intasamenti e guasti in tubature e pompe. Come misura di prevenzione, all’ingresso degli impianti di depurazione sono installate apposite griglie a cui è affidato il compito di trattenere mozziconi e altri oggetti di analoga consistenza solida, come cotton fioc, ovatta, stracci, assorbenti igienici, pannolini ecc. (un’operazione propedeutica che in gergo tecnico è detta “grigliatura”). Per mantenere l’efficienza di tali filtri si rende necessaria una continua manutenzione, con periodica pulitura delle griglie e rimozione degli accumuli solidi, il che rappresenta un costo aggiuntivo nel ciclo industriale di depurazione delle acque reflue.
 

Inquinamento

L’alto numero di mozziconi dispersi e latenti in natura non rappresenta solo un problema estetico, ma anche un vero problema ecologico, dal momento che essi rappresentano una notevole fonte di inquinamento ambientale diffuso.
 

Problemi legati alla non biodegradabilità e ai tempi di latenza

Il filtro in sé (vale a dire l’elemento proveniente da una sigaretta non fumata), pone questioni sulla sua biodegradabilità: secondo la British American Tobacco, importante industria manifatturiera del ramo e, come tale, portatrice di un conflitto di interessi, il filtro, essendo realizzato in carta, colla e fibra di acetato di cellulosa, è da considerarsi come completamente biodegradabile, con tempi di dissolvimento in natura variabili, che l’azienda stima da 1 mese a 3 anni[28], in dipendenza delle più o meno severe condizioni ambientali a cui esso è sottoposto[28][29]. In base a tali dati, quindi, l’azienda sostiene che il filtro di sigaretta “[non costituisce] un problema ambientale sul lungo periodo”.
 
A questa visione ottimistica si oppongono gli ambientalisti che sono soliti eccepire sottolineando una distinzione importante, quella tra “biodegradazione” e “diluizione nell’ambiente”. Si tratta di un’eccezione scientificamente fondata[30]: la fibra sintetica di cui il filtro è composto non è biodegradabile, ma solo in grado di disfarsi in polvere fine[30], in tempi, peraltro, di circa 10-15 anni, ben più lunghi di quelli indicati dalla British American Tobacco, al termine dei quali, comunque, permane sempre un residuo sintetico fine che si diffonde nel suolo e nelle acque, semplicemente “diluendosi” nell’ambiente senza “svanire” mai.
 

Rilascio di contaminanti in soluzione

I problemi, tuttavia, si aggravano qualora si consideri non il filtro in sé, ma il mozzicone di sigaretta fumato. Potenziali fonti di problemi sono, infatti, le sostanze nocive che vi si accumulano, compresi i metalli pesanti, che provengono solo dal filtro delle sigarette fumate e dal tabacco residuo dei mozziconi di sigarette senza filtro. Infatti, il fumo di sigaretta non filtrato è costituito da gas e particolato in sospensione, un miscuglio che contiene più di 4000 sostanze chimiche , classificabili, a seconda dei casi, come irritanti, nocive, tossiche, mutagene e cancerogene. Di fatto almeno 250 di tali sostanze sono considerate nocive e almeno 50 riconosciute come cancerogene. Tra le sostanze a rischio, le più note sono dei carcinogeni come benzopireni, fenolo e formaldeide; metalli pesanti come arsenico, piombo e cadmio; sostanze tossiche come acetone, toluene, nicotina, benzene, acido cianidrico, acetaldeide, nitrati; sostanze pericolose come butano e ammoniaca (l’abbondanza di sostanze chimiche deriva da quelle impiegate nella coltivazione e nella manifattura del tabacco: fungicidi, erbicidi, insetticidi e pesticidi).
 
Il problema nasce dal rilascio e dalla dispersione nell’ambiente di queste sostanze attraverso il micro-inquinamento diffuso veicolato dall’enorme massa di mozziconi abbandonati. Dal momento che la maggior parte delle cicche è esposta all’acqua, si pone il problema dell’inquinamento idrico. Una frazione delle cicche, inoltre, finisce nelle canalizzazioni delle fogne mentre un’altra frazione viene facilmente trasportata trasportata dal ruscellamento fino a raggiungere i corsi d’acqua: una stima del 2002, condotta in Australia, ha quantificato nel 10% la percentuale delle cicche abbandonate che finiscono nei corsi d’acqua.
 

Concentrazioni di metalli pesanti nel percolato

Stoccolma, Città vecchia: percolazione di una cicca da parte di acque piovane di scolo
Uno studio del 2009 ha investigato sul rilascio di metalli pesanti in soluzione nei percolati, focalizzando la ricerca su dodici componenti: alluminio (Al), bario (Ba), cadmio (Cd), cromo (Cr), rame (Cu), ferro (Fe), piombo (Pb), manganese (Mn), nichel (Ni), stronzio (Sr), titanio (Ti) e zinco (Zn)[22].
 
Le analisi di tossicità, basate su procedure approvate dalla Agenzia per la protezione dell’ambiente degli Stati Uniti e dalla Organizzazione mondiale della sanità, hanno messo in luce concentrazioni di cadmio e piombo, classificati come contaminanti primari dalle due organizzazioni, superiori a quelle massime ammissibili nelle acque potabili. Anche le concentrazioni di alluminio, manganese e ferro, considerati contaminanti secondari, eccedono di gran lunga i livelli ammessi dalle due organizzazioni. Per due metalli, stronzio e titanio, non esistono direttive sui livelli di tossicità nelle acque, mentre per gli altri 5 presi in considerazione dalla ricerca, la loro presenza era inferiore ai limiti EPA. Questi ultimi cinque risultati non sono comunque da sopravvalutare, perché basati su test di tossicità validi per la specie umana, cioè su un modello biologico scarsamente predittivo nei confronti di altre specie. Non è escluso, infatti, che livelli di concentrazione inferiori agli standard umani fissati da OMS e EPA, si rivelino tossici nei confronti di micro e macroorganismi[35]. Studi compiuti su due diversi organismi, un crostaceo (Ceriodaphnia dubia) e un microrganismo (Vibrio fischeri), hanno puntualmente rivelato che la tossicità si manifesta con sensibilità molto diverse tra specie diverse (nel caso specifico, una tossicità da 2,9 fino 8 volte superiore nel Vibrio fischeri rispetto a Ceriodaphnia dubia, a seconda della marca di sigarette).
 

Rischi di intossicazione nei bambini

Cicche abbandonate presso giochi per bambini
Un altro problema è costituito dal pericolo che i bambini in tenera età si intossichino ingerendo mozziconi. I bambini più piccoli hanno l’attitudine cognitiva di esplorare attivamente il mondo portando qualsiasi oggetto alla bocca, conosciuto o sconosciuto, mentre quelli più grandi possono essere spinti a portarli alla bocca per spirito emulativo, imitando gesti appresi dagli adulti fumatori.
 
Succede, inoltre, che persone adulte fumino presso aree destinate ai giochi d’infanzia, o nei pressi di sabbionaie, anche durante il tempo in cui sono impegnati nella sorveglianza dei bambini: i mozziconi abbandonati in questi luoghi, così come quelli che, per vari motivi, si trovano disseminati sulle spiagge possono facilmente venire a contatto con i bambini più piccoli e quindi essere portati alla bocca, con conseguenti rischi di intossicazione, più o meno gravi in rapporto con il peso corporeo e al tipo (e al numero) di mozziconi ingeriti (ad esempio, se provenienti da sigarette fumate o intonse).
 
Le intossicazioni causate dall’ingestione di mozziconi di sigaretta, da parte di soggetti in età pediatrica, rappresentano un evento che ricorre con una certa frequenza.
 
In cinque anni, dal 1998 al 2002, il centro antiveleni del Centre hospitalier régional universitaire di Lilla ha fronteggiato 272 casi di intossicazione da deglutizione accidentale di mozziconi in soggetti da 0 a 16 anni[36] (con un’età media molto bassa: 1,22 anni[36]). In un altro contesto, quello del Centro antiveleni di Berlino, in un solo anno (il 2007), si sono registrati 260 casi di intossicazione di bambini dovuta a mozziconi di sigaretta, con una cadenza quasi quotidiana.
 
Un rapporto del Rhode Island Department of Health riportava, nel 1997, 146 casi di intossicazione da ingestione di cicche da parte di bambini di età inferiore ai 6 anni, un terzo dei quali mostravano sintomi di intossicazione temporanea da nicotina.
 
A causa del rischio di ingestione, vengono spesso avanzate, da più parti (singoli, associazioni professionali mediche, portatori di interesse, ecc.), istanze per l’istituzione di divieti assoluti di fumo in prossimità delle aree giochi destinate ai bambini[38]. Può così succedere che, pur in mancanza di uno specifico e generale divieto, singoli enti locali possano adottare autonome iniziative in tal senso, con provvedimenti restrittivi della libertà di fumo a valere in zone particolari sui territori da loro amministrati, come aree ludiche e luoghi di frequentazione riservati all’infanzia.
 

Intossicazioni domestiche

Nonostante l’allarme sociale sia spesso suscitato dalla diffusione delle cicche in spazi pubblici frequentati da bambini, cautele ancor maggiori sembrano necessarie negli ambienti abitativi, dal momento che moltissime intossicazioni coinvolgono proprio le pareti domestiche: secondo la statistica di un quinquennio di attività del Centro antiveleni di Lille (1998-2002), la quasi totalità delle ingestioni (266 su 272, ben il 97% e oltre) avviene nelle abitazioni, dove sigarette e mozziconi finiscono spesso in bocca ai bambini, che se ne impadroniscono facilmente prelevandoli da posacenere incautamente incustoditi e lasciati alla loro portata.